L’inapplicabilità del sequestro preventivo impeditivo all’ente

16 Giugno 2025

Abstract: La Corte di cassazione, Sesta Sezione Penale, con la sentenza n. 19717 del 27 maggio 2025 ha escluso l’applicabilità del sequestro preventivo impeditivo disciplinato dall’art. 321 co. 1 c.p.p. nei confronti di un ente responsabile ai sensi del D.lgs. 231/2001.

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Il caso: Il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani ha presentato al Giudice per le Indagini Preliminari richiesta di applicazione di sequestro preventivo impeditivo nei confronti di una Società in Accomandita Semplice, i cui soci risultavano essere indagati per il reato di cui all’art. 40 co. 1 lett. c) e 45 D.lgs. 504/1995 – per aver destinato ad uso privato carburante agricolo ad aliquota agevolate – e per plurimi reati di corruzione propria in concorso con appartenenti alle forze dell’ordine.

Il Giudice per le Indagini Preliminari e, successivamente, il Tribunale di Trani hanno rigattato la richiesta del Pubblico Ministero evidenziando che:

  1. l’art. 44 D.lgs. 504/1995 prevede solo la confisca dei prodotti e dei mezzi utilizzati per commettere il reato e non anche il sequestro dell’azienda, e che in relazione al reato di corruzione è prevista la sola confisca del prezzo e del profitto del reato;
  2. in relazione alla società non sono rinvenibili esigenze cautelari in ragione del fatto che anche il pericolo di reiterazione dei reati è stato inibito mediante l’applicazione di misure cautelari personali nei confronti dei soci.

Il ricorso: Avverso il rigetto del Tribunale di Trani ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica evidenziando che al momento del rigetto da parte del Tribunale di trani il GIP aveva revocato le misure cautelari personali nei confronti dei soci, di conseguenza si sarebbe dovuto rivalutare il rischio di reiterazione del reato.

A ciò il Procuratore ha aggiunto che il pericolo di recidiva in relazione al sequestro preventivo impeditivo non può essere escluso in regione dell’intervenuta applicazione di altra misura cautelare personale.

La decisione della Corte: La Corte di cassazione ha ritenuto il ricorso infondato in ragione del fatto che il Procuratore non ha fornito chiarimenti in merito al capo di incolpazione nei confronti dell’ente e, di conseguenza, il fumus commissi delicti in relazione al quale deve valutarsi l’applicabilità della misura cautelare reale.

Tuttavia, la Corte ha colto l’occasione per valutare l’applicabilità del sequestro preventivo impeditivo all’ente indagato ai sensi del D.lgs. 231/2001.

A tal proposito la Corte ha richiamato la copiosa dottrina che ritiene che “il sequestro preventivo applicabile nei confronti delle società – la cui disciplina è dettata dall’art. 53 d.lgs. n. 231 – sia, nonostante la comune denominazione, assolutamente diverso per finalità, ambito di applicazione e regolamentazione dall’omologa misura cautelare disciplinata dal codice di procedura penale”.

Ad opinione dei giudici di legittimità il fatto che l’art. 53 non preveda espressamente la possibilità che nel procedimento nei confronti di un ente collettivo possano essere sottoposte a sequestro cose pertinenti al reatoletto alla luce del mancato richiamo dell’art. 321 co. 1 c.p.p. hanno da sempre fatto ritenere che il cd. sequestro impeditivo non possa essere disposto nei confronti di una società ai sensi del d. lgs. n. 231 del 2001.

Dunque, ad opinione dei giudici della Suprema Corte, il legislatore in sede di D.lgs. 231/2001 “non solo non ha lasciato alcun dubbio circa l’esclusione del sequestro preventivo di cui al comma primo dell’art. 321 c.p.p. dal novero delle misure cautelari adottabili nei confronti degli enti collettivi, ma ha anche dato conto delle ragioni che fondano e giustificano tale scelta, attraverso un chiaro dato testuale, di cui è obbligatorio tenere conto”.

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