Responsabilità dell'ente - Infortuni sul lavoro - risparmio di spesa - aumento di produttività

La Suprema Corte di Cassazione, sez. IV penale, con la  sentenza n. 3731 del 7.11.2019, (depositata in data 20 gennaio 2020) è tornata ad affrontare il tema dell’interesse e vantaggio dell’ente.
Il caso sottoposto all’esame del Supremo collegio riguardava il reato di lesioni colpose gravissime nei confronti di un lavoratore avvenuto con violazione della disciplina antinfortunistica.
Nell’ambito dei due gradi di merito era inoltre stata ritenuta responsabile dell'illecito amministrativo di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 25-septies, comma 3 la società e condannata al pagamento di una sanzione pecuniaria.
In particolare, l’operaio - dipendente a tempo determinato dell’agenzia di lavoro con mansioni di operaio addetto all'assemblaggio - mentre stava conducendo un carrello elevatore (detto "muletto") con il quale sollevava pesanti sacchi pieni di sale e li portava sino al luogo indicato per lo stoccaggio temporaneo rimaneva schiacciato dal pesante mezzo.
Ciò avveniva a causa del ribaltamento del muletto sul fianco sinistro, mentre l’operaio conduceva il mezzo su un percorso diverso da quello previsto per la fase di lavoro. La causa del ribaltamento veniva individuata in una improvvisa manovra di svolta a destra del conducente, che stava guidando il mezzo a velocità eccessiva.
La persona offesa, non indossava, inoltre, al momento del sinistro la cintura di sicurezza di cui pure il mezzo era provvisto e che era obbligatorio indossare.

La società veniva riconosciuta responsabile dell'illecito amministrativo di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 25-septies, comma 3.

la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che quanto alla responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, “i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall'interesse e dal vantaggio, da riferire entrambi alla condotta del soggetto agente e non all'evento, ricorrono, rispettivamente, il primo, quando l'autore del reato abbia violato la normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l'ente, indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento, e, il secondo, qualora l'autore del reato abbia violato sistematicamente le norme antinfortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio per l'ente, sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso".
E’ stato ulteriormente precisato che, con specifico riferimento ai "reati colposi d'evento il finalismo della condotta prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 5 è compatibile con la non volontarietà dell'evento lesivo, sempre che si accerti che la condotta che ha cagionato quest'ultimo sia stata determinata da scelte rispondenti all'interesse dell'ente o sia stata finalizzata all'ottenimento di un vantaggio per l'ente medesimo”.
Sulla base di tali principi giurisprudenziali e affrontando il caso concreto sottoposto al suo esame, la Corte di Cassazione ha chiarito che nell’ipotesi di violazione della disciplina antinfortunistica, sussiste l'interesse dell'ente nel caso in cui l'omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento della produttività. “Tanto premesso, deve ritenersi che il vantaggio di spesa per l'ente, nel senso di mancato decremento patrimoniale per l'utilizzo in più occasioni di un solo lavoratore non formato, anzichè di una coppia di lavoratori, di cui uno formato, è stato sufficientemente delineato dai giudici di merito”.

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