Europa e ambiente: novità per le imprese e ruolo dei sistemi di compliance

3 Maggio 2024

Di recente l’Unione Europea e il legislatore nazionale hanno mostrato un’attenzione sempre maggiore per i temi ambientali, anche tramite l’emanazione di provvedimenti normativi che fissano strategie e specifici obiettivi per orientare le politiche in materia di ambiente (per approfondimenti sul tema clicca qui).

In data 30 aprile 2024 stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la Direttiva (UE) 2024/1203 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 aprile 2024 sulla tutela penale dell’ambiente, che sostituisce le Direttive 2008/99/CE e 2009/123/CE.

La Direttiva entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione in GUUE (quindi il 20 maggio 2024), e gli Stati membri dovranno adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla stessa entro il 21 maggio 2026.

La normativa si propone di migliorare l’efficacia dell’accertamento e del perseguimento dei reati ambientali, anche mediante l’introduzione di nuove fattispecie criminose e l’inasprimento delle sanzioni al fine di aumentarne l’effetto deterrente e prevenire la commissione delle condotte illecite.

Nuovi reati in materia ambientale

La Direttiva si sofferma sulla nozione di condotta illecita precisando che è tale l’azione che viola:

a) un atto legislativo dell’Unione che contribuisce al perseguimento di uno degli obiettivi della politica dell’Unione in materia ambientale di cui all’articolo 191, paragrafo 1, TFUE; o

b) un atto legislativo, un regolamento o una disposizione amministrativa nazionali o una decisione adottata da un’autorità competente di uno Stato membro, che dà attuazione alla legislazione dell’Unione.

Si aggiunge che “Tale condotta è illecita anche se posta in essere su autorizzazione rilasciata da un’autorità competente di uno Stato membro, qualora tale autorizzazione sia stata ottenuta in modo fraudolento o mediante corruzione, estorsione o coercizione, o qualora tale autorizzazione violi palesemente i pertinenti requisiti normativi sostanziali”.

Ai sensi della Direttiva, perché una condotta costituisca reato ambientale, l’azione illecita deve essere intenzionale o commessa per grave negligenza.

Tra i nuovi reati introdotti, indicati all’art. 3 della Direttiva europea, figurano lo scarico, emissione, immissione di sostanze potenzialmente nocive per l’ambiente e la salute, così come fattispecie relative alla gestione dei rifiuti.

Vengono introdotti altresì i cosiddetti "reati qualificati", ossia che causano la distruzione di un ecosistema di dimensioni o di valore ambientale considerevoli o di un habitat all’interno di un sito protetto o danni diffusi e rilevanti, irreversibili o duraturi, a tale ecosistema o habitat, alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque.

La normativa stabilisce, quali criteri per valutare la rilevanza del danno, le condizioni originarie dell’ambiente colpito, la durata (lunga, media o breve), la portata e la reversibilità del danno.

Per valutare la gravità della condotta si dovrà considerare poi:

- se si tratta di un’attività che è ritenuta rischiosa o pericolosa per l’ambiente o per la salute umana, e richiede un’autorizzazione che non è stata ottenuta o rispettata;

- in quale misura è superato un valore, una soglia regolamentare, o un altro parametro obbligatorio stabilito nella legislazione dell’Unione o nazionale, o in un’autorizzazione rilasciata per l’attività pertinente;

- se il materiale o la sostanza è classificato come pericoloso o altrimenti elencato come nocivo per l’ambiente o la salute umana;

- il numero di elementi interessati;

- il costo di ripristino dell’ambiente, laddove sia possibile valutare tale costo.

L’art. 4 della Direttiva punisce altresì l’istigazione, il favoreggiamento, il concorso e il tentativo di commissione dei reati indicati.

Sanzioni per le persone fisiche

Gli Stati membri sono tenuti ad adottare le misure necessarie affinché i reati siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive.

In particolare, i reati ambientali commessi da persone fisiche saranno punibili con la reclusione. Per i cosiddetti reati qualificati, la pena massima dovrà essere è di almeno 8 anni di reclusione, per quelli che causano la morte di una persona di almeno 10 anni e per i restanti di almeno 5 o 3 anni.

Le persone fisiche potranno essere soggette altresì a sanzioni penali o non penali accessorie, che possono comprendere l’obbligo di ripristinare l’ambiente entro un determinato periodo, se il danno è reversibile, o di risarcire il danno all’ambiente, se il danno è irreversibile o se l’autore del reato non è in grado di procedere a tale ripristino. Possono inoltre essere previste sanzioni pecuniarie proporzionate alla gravità della condotta e alle circostanze personali o finanziarie della persona fisica interessata, nonché esclusioni dall’accesso ai finanziamenti pubblici, sanzioni interdittive, nonché la pubblicazione della decisione giudiziaria.

Responsabilità delle persone giuridiche

La Direttiva prevede che anche le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati ambientali di nuova introduzione quando siano stati commessi a vantaggio di tali enti da qualsiasi soggetto apicale o sottoposto appartenente all’organizzazione (concetto che pare sovrapponibile ai presupposti richiesti ai fini della responsabilità amministrativa degli enti ex d.lgs. 231/01).

Invero, il quadro normativo in esame pare considerare la persona giuridica come destinatario privilegiato dei reati contro l’ambiente: gli illeciti di nuova introduzione appaiono infatti strettamente connessi all’attività d’impresa, più che alle persone fisiche. Molte delle fattispecie delineate riguardano infatti l’attività di produzione, fabbricazione, immissione o messa a disposizione sul mercato, nonché la costruzione, l’esercizio e la dismissione di impianti.

Le sanzioni applicabili alle persone giuridiche, elencate all’art. 7 della Direttiva, includono sanzioni pecuniarie e sanzioni accessorie, fra cui l’obbligo di ripristinare l’ambiente o di risarcire il danno, l’esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico, dall’accesso ai finanziamenti pubblici (comprese procedure di gara, sovvenzioni, concessioni e licenze), l’interdizione dall’esercizio di un’attività commerciale, il ritiro di permessi e autorizzazioni, nonché l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria o eventuali provvedimenti giudiziari di scioglimento o chiusura di sedi usate per commettere il reato e l’obbligo di istituire sistemi di due diligence per rafforzare il rispetto delle norme ambientali.

Tale ultima sanzione, in particolare, sembra evidenziare l’importanza della funzione non solo preventiva, ma anche riparativa, di efficaci sistemi di compliance, e, specificamente nell’ambito dell’ordinamento italiano, dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo così come disciplinati dal D.Lgs. 231/01.

In proposito, si ricorda infatti che l’adozione di un Modello Organizzativo idoneo ed efficacemente attuato può escludere o attenuare la responsabilità dell’ente, a seconda, rispettivamente, che avvenga ex ante o ex post rispetto alla commissione dell’illecito.

Quanto alle sanzioni pecuniarie, ai sensi della Direttiva, per le persone giuridiche l'importo potrà essere pari almeno al 3 o 5% del fatturato annuo mondiale o, in alternativa, a 24 o 40 milioni di euro.

Sono poi previste circostanze aggravanti e circostanze attenuanti e viene stabilito che gli Stati membri adottino le misure necessarie per consentire il tracciamento, l’identificazione, il congelamento e la confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato.

La Direttiva contiene altresì disposizioni in merito all’introduzione di misure di sostegno e assistenza nel contesto dei procedimenti penali per gli informatori (c.d. whistleblower) che denunciano reati ambientali.

L’art. 14, infatti, prescrive di adottare le misure necessarie affinché chiunque – cioé anche soggetti esterni all’impresa – segnali gli illeciti ambientali (art. 3) e l’istigazione, il favoreggiamento, il concorso nel reato e il tentativo degli stessi (art. 4), ma anche ai soggetti che forniscono “elementi di prova” oppure collaborino “in altro modo con le autorità competenti”.

La Direttiva amplia così anche la platea dei soggetti cui attualmente si riconoscono le medesime garanzie previste per il whistleblower dalla disciplina in materia di Whistleblowing di cui al d.lgs. n. 24/2023 di recente introduzione, di fatto delineando un sistema di protezione specifico per il whistleblowing relativo ai reati ambientali.

Conclusioni

La Direttiva (UE) 2024/1203 introduce significative novità in materia di tutela penale ambientale, da un lato, prevedendo l’introduzione di nuovi reati-presupposto, dall’altro, valorizzando la funzione di prevenzione e riparazione del danno di adeguati sistemi di compliance in relazione agli illeciti ambientali.

Pertanto, il nuovo assetto normativo richiederà certamente alle imprese un adeguamento del proprio Modello di organizzazione, gestione e controllo e dei sistemi di gestione delle segnalazioni in materia di Whistleblowing, al fine di conformarsi ai principi e alle disposizioni previste dalla normativa europea.

2024 - Morri Rossetti

cross