Irregolarità negli appalti: le novità in materia penale contenute nel Decreto PNRR 4

12 Marzo 2024

Il D.L. n. 19/2024 (c.d. “Decreto PNRR 4”), pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 2 marzo, è intervenuto, tra le altre, anche in materia di salute e sicurezza dei lavoratori e di regolarità dei rapporti di lavoro. Le disposizioni urgenti contenute negli articoli 29, 30 e 31 del Decreto sono chiaramente il frutto della pressione concentratasi sul Governo affinché intervenisse celermente con misure concrete idonee ad arginare il grave fenomeno degli infortuni sul lavoro, purtroppo sempre più protagonista della cronaca attuale.

Il Decreto PNRR, oltre a prevedere il meccanismo della “patente a punti” nei cantieri in cui si realizzano lavori edili o di ingegneria civile (di cui abbiamo parlato qui), ha altresì riformato le norme in materia di contrasto agli appalti irregolari, reintroducendo fattispecie penali e inasprendo le pene già previste dalla precedente normativa.

Strettamente connessi al tema della sicurezza sul lavoro sono, infatti, i fenomeni di illecita somministrazione di manodopera celati dietro la stipula di fittizi contratti di appalto di servizi. L’intervento repressivo in tale ambito, come spiegato dalla ministra del Lavoro Marina Calderone, è giustificato dal fatto che la somministrazione illecita «è uno dei reati più commessi» nell’ambito degli appalti e, soprattutto in un settore come l’edilizia, dove più alto è il rischio di incidenti, bisogna intervenire ponendolo «sotto la massima attenzione».

È in questo contesto, dunque, che il Decreto PNRR 4 reintroduce i reati di somministrazione irregolare e somministrazione fraudolenta, originariamente introdotti dalla Legge Biagi (D.lgs. 276/2003) e successivamente depenalizzati dal D.lgs. n. 8/2016.

In particolare, l’art. 29 del Decreto PNRR 4 prevede una prima ipotesi criminosa (meno grave) che si concretizza nei casi di appalto e distacco irregolari (in quanto privo dei requisiti previsti dalla legge: art. 1655 c.c. e artt. 29 e 30 D.lgs. 276/2003) e che prevede l’irrogazione in capo a utilizzatore e somministratore della pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di Euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.

Ciò che distingue l’appalto lecito da quello irregolare è sostanzialmente l’autonomia di organizzazione e gestione di mezzi di lavoro e personale da parte dell’appaltatore, che assume in capo a sé il rischio di impresa. Spesso tale autonomia manca e lo schema dell’appalto viene usato per mascherare una fornitura che più che i servizi ha ad oggetto i lavoratori, la cui attività viene gestita e organizzata dal committente come se si trattasse di propri dipendenti, senza però assumerne le relative responsabilità giuridiche.

Accanto a questa prima ipotesi di reato, il Decreto reintroduce anche la fattispecie di somministrazione fraudolenta, che si distingue dalla prima per il dolo specifico consistente nella “specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore” che giustifica la somministrazione stessa.

Al ricorrere di tale più grave fattispecie, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda di Euro 100 per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.

Assumono rilevanza penale anche le ipotesi di somministrazione non autorizzata e di utilizzazione illecita di manodopera; esercizio non autorizzato dell’attività di intermediazione, nell’ipotesi attenuata in cui il fatto sia commesso senza scopo di lucro ed esercizio non autorizzato delle attività di ricerca e selezione del personale e supporto alla ricollocazione professionale, anche nell’ipotesi attenuata in cui il fatto sia commesso senza scopo di lucro.

Quanto alla responsabilità amministrativa degli enti nell’interesse o a vantaggio dei quali tali reati si perpetuano il Decreto invece nulla dispone, lasciando al momento scoperta l’area interessata dal D.lgs. 231/2001.

Tale lacuna emerge con ancor più evidenza se si considera che le condotte contravvenzionali introdotte dal Decreto sono tipicamente realizzate nell’interesse e vantaggio di enti che, con tutta probabilità, risultano sprovvisti di un’organizzazione idonea a prevenire la commissione di questi reati. 

Merita infine evidenziare che il contrasto all’utilizzo irregolare degli appalti viene realizzato dal Decreto anche sotto il profilo delle condizioni di lavoro, con una previsione finalizzata a scoraggiare il ricorso all’appalto per motivi di semplice riduzione del costo di lavoro. È infatti stabilito, a carico degli appaltatori (e dei subappaltatori), l’obbligo di riconoscere al personale impiegato nell’appalto di opere o servizi «un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto».

L’Osservatorio 231 ha più volte affrontato il tema della somministrazione illecita e delle irregolarità sugli appalti, concentrandosi sulle conseguenze (anche penali) derivanti da tali meccanismi.

Per maggiori approfondimenti sul tema:

- https://lnkd.in/d36DcUM
- https://lnkd.in/dc75bEvW
- https://lnkd.in/dGCGW4-J
- https://lnkd.in/d-xMv-YU
- https://lnkd.in/dyjn4xBh

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