Contrasto di giudicati tra persona fisica e persona giuridica: i principi della Cassazione sulla revisione della sentenza di condanna dell’ente

18 Dicembre 2023

Si segnala la recente pronuncia della Cassazione penale sez. III, 04/10/2023, (ud. 04/10/2023, dep. 31/10/2023), n.43813 in materia di revisione della sentenza di condanna dell’ente per illecito amministrativo per inconciliabilità dei fatti in essa stabiliti con quelli stabiliti nella sentenza emessa nei confronti delle persone fisiche autori del reato presupposto.

Nel caso di specie, la società, condannata in via definitiva per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25 septies co. 1 e 2 D.lgs. 231/2001 per omicidio colposo ai danni del dipendente di una società appaltante, ha richiesto la revisione della sentenza, in ragione della inconciliabilità dei fatti in essa stabiliti con quelli accertati nella sentenza di assoluzione pronunciata nei confronti delle persone fisiche imputate per il reato presupposto. Tale ultima sentenza, infatti, aveva assolto gli imputati dal reato di omicidio colposo con la formula “il fatto non sussiste”, grazie sostanzialmente alla ritenuta inutilizzabilità, per inosservanza dell’art. 360 c.p.p., degli esiti dell’esperimento giudiziale effettuato dai Vigili del Fuoco.

La Corte di Cassazione, nella pronuncia in esame, ha rigettato il ricorso presentato dai legali della società avverso la decisione della Corte d’appello di Trieste di diniego alla revisione della sentenza di condanna.

Il principio su cui si fonda il rigetto del ricorso è quello secondo il quale “il contrasto di giudicati di cui all'art. 630 c.p.p., comma 1, lett. a), che legittima la revisione, attiene ai fatti storici presi in considerazione per la ricostruzione del fatto-reato e non alla valutazione dei fatti né all'interpretazione delle norme processuali in relazione all'utilizzabilità di una determinata fonte di prova”.

In base a tale principio, dunque, non è possibile accedere alla revisione quando, pur essendo il fatto nella sua oggettività fuori discussione, esiste un’altra sentenza nella quale sia stata data una difforme interpretazione della norma penale che ha determinato l’inutilizzabilità di una fonte di prova e, di conseguenza, l’assoluzione dei coimputati.

Lo strumento della revisione, infatti, è pensato al fine di correggere un errore di fatto e non, invece, la valutazione del fatto o l'interpretazione della norma giuridica posta a presupposto di tale valutazione.

Come ricordato dalla Corte, siffatti principi sono stati ribaditi anche in tema di responsabilità amministrativa degli enti, “affermandosi che non sussiste contrasto tra giudicati ex art. 630 c.p.p., comma 1, lett. a), tra la sentenza dichiarativa della responsabilità dell'ente ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 e la sentenza di assoluzione dell'imputato del reato presupposto pronunciata in un diverso procedimento nel caso in cui, in quest'ultimo, sia stata accertata la ricorrenza del fatto illecito, discendendo l'inconciliabilità dei giudicati solo dalla negazione del fatto storico su cui essi si fondano e non anche dalla mancata individuazione del suo autore, posto che la responsabilità dell'ente ex citato D.Lgs., art. 8 sussiste pur se l'autore del reato non risulta identificato”.

Alla luce dei principi sopra enucleati, la Corte di Cassazione ha avallato la decisione della Corte d’appello, evidenziando che, nel caso di specie, non vi è stato un errore nella ricostruzione del fatto storico, ma due diverse ricostruzioni dello stesso determinate dall’esistenza di un diverso quadro probatorio (privo dell’esperimento giudiziale nel processo a carico delle persone fisiche).

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