Interdizione dall’esercizio dell’attività. Quando l’Ente rischia l’applicazione di una misura tanto gravosa

19 Maggio 2023

L’interdizione, come è noto, è un istituto giuridico che comporta una limitazione temporanea dall’esercizio di un diritto e nell’ambito del D.lgs. 231/2001 tali sanzioni vengono comminate per contrastare più efficacemente i comportamenti illeciti che vengono contestati alle società ed inibire l’eventuale prosecuzione degli stessi.

In quest’ottica, la recente sentenza della seconda sezione penale della Corte di Cassazione, n. 17371, del 26 aprile 2023, si è pronunciata sui presupposti per l’irrogazione agli enti della misura cautelare dell'interdizione dall'esercizio dell'attività che costituisce, tra le misure interdittive, quella che si caratterizza per maggiore severità in ragione della capacità di paralizzare la prosecuzione dell’attività dell’ente nella sua totalità o in una sua parte.

Nel caso esaminato dalla Corte, alla Società ricorrente veniva contestato un illecito amministrativo dipendente dal reato di riciclaggio commesso dall’amministratore di fatto della medesima.

Nei confronti della Società veniva disposta la misura cautelare dell’interdizione dall’esercizio dell’attività atteso che il D.lgs. 231/2001, all’art. 25-octies, prevede che possano essere applicate all’ente le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 co. 2, fra cui è ricompresa quella irrogata ed impugnata in sede di riesame.

Dinnanzi alle doglianze della Società, la Corte di Cassazione chiamata a verificare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura, ha precisato che “ai fini dell’applicazione delle sanzioni interdittive, è sufficiente che sussista uno dei due presupposti indicati nell'articolo 13, costituiti dal profitto di rilevante entità ovvero dalla reiterazione degli illeciti”.

In altre parole, ai fini dell'applicazione delle misure interdittive in sede cautelare, è sufficiente la sussistenza del profitto di rilevante entità, oppure del pericolo di reiterazione dell'illecito, e non è invece necessario che ricorrano entrambi i presupposti.

Quanto ai profili di adeguatezza e proporzionalità della misura, la Corte ha ribadito che questi devono essere valutati tenendo conto della gravità dei fatti e della eventuale reiterazione delle condotte poste in essere.

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